Come un incidente aereo. Qualcosa che ti capita all’improvviso, che – se riesci a salvarti – ti segna per tutta la vita. Per me scoprire di avere l’HIV è stato proprio così. Ero sposato da poco e mia moglie si è sentita male, siamo andati in ospedale e lì hanno scoperto che lei aveva l’AIDS e io avevo contratto l’infezione. Con ogni probabilità lei aveva preso l’HIV da giovane, quando aveva avuto una relazione con una persona che faceva uso di droghe. Dopo poco lei è morta, e io mi sono ritrovato da solo, con una vita stravolta, e in una situazione che mai avrei pensato potesse essere la mia, in un mondo dove l’infezione da HIV era stigmatizzata in maniera molto forte. Per fortuna ho incontrato dei medici che mi hanno sostenuto fin dal primo momento. Anche perché ne ho avuto davvero bisogno: i farmaci che ho cominciato a prendere nel giro di qualche mese smettevano di funzionare e quindi ho vissuto per molti anni con le difese immunitarie a zero. Ho smesso di fare sport, il mio fisico è molto cambiato. Della mia condizione erano a conoscenza i miei familiari ma sul lavoro o con gli amici non ne ho mai parlato molto perché mi sentivo sempre in difetto. Piano piano, anche grazie ai medici, ho però capito che si tratta di una malattia come un’altra, che non bisogna vergognarsi. Ogni volta che mi demoralizzavo i dottori mi dicevano: vedrai che arriveranno terapie che potrebbero andar bene per te. E forse anche per questo non mi sono mai perso d’animo: mi sono innamorato, mi sono sposato, ho avuto due figli. La vita va affrontata, passo dopo passo. Quando è venuto fuori che sono multiresistente, cioè che il virus riesce sfuggire all’azione di molti farmaci, mi è stato consigliato di andare in un centro specializzato per un trattamento sperimentale. Da un anno e mezzo ho iniziato questa nuova terapia. Oggi ho 60 anni, sono andato in pensione, e mi dedico a ciò che più amo: i viaggi e i miei figli.