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Epatite A

L’epatite A è una epatopatia virale associata ad un ampio range di sintomi, che possono andare da lievi a gravi1.

La trasmissione del virus avviene principalmente per via oro-fecale, tramite l’ingestione da parte di una persona non vaccinata di acqua o cibi contaminati dalle feci di un soggetto malato1. La trasmissione può anche verificarsi attraverso uno stretto contatto fisico (come ad esempio sesso oro-anale) con una persona infetta1. Inoltre, solo raramente sono stati rilevati casi di contagio dovuti a trasfusioni di sangue o prodotti derivati2.

L’epatite A non assume forme croniche, praticamente tutti i soggetti guariscono spontaneamente e risultano poi protetti da immunità per tutta la vita. Tuttavia, in una piccola parte dei pazienti infetti, questa malattia può essere associata a sintomi gravi e ad una forma di insufficienza epatica acuta nota come epatite fulminante1.

In Italia, nel 2022 sono stati notificati 140 casi di epatite A. Si registra un lieve incremento dell’incidenza (0,28/100.000) rispetto a 0,25/100.000 dell’anno precedente e 0,19/100.000 del 2020, ma si conferma il trend in diminuzione degli ultimi anni dopo l’epidemia del 2017-20183.
Il periodo di incubazione della malattia è di 14-28 giorni e i sintomi, più frequenti negli adulti rispetto ai bambini, comprendono febbre, malessere, perdita di appetito, diarrea, dolore addominale, urine scure e ittero1.

Clinicamente parlando, i casi di epatite A non sono distinguibili da altre forme di epatiti virali, e la diagnosi può essere posta solo mediante indagine sierologica1. Non esistono trattamenti specifici per questa malattia, ed il recupero dai suoi sintomi può richiedere spesso anche dei mesi1.

In Italia sono disponibili due diversi vaccini che forniscono una protezione dall’infezione già dopo 14-21 giorni. La vaccinazione è raccomandata nei soggetti a rischio, fra cui coloro che viaggiano in Paesi dove l’epatite A è endemica, per coloro che lavorano in ambienti a contatto con il virus, i tossicodipendenti, e i contatti familiari di soggetti con epatite acuta A2.

Riferimenti

  1. https://www.who.int/news-room/fact-sheets/detail/hepatitis-a, data ultimo accesso: 04.04.2023.
  2. https://www.epicentro.iss.it/epatite/epatite-a, data ultimo accesso: 04.04.2023.
  3. https://www.epicentro.iss.it/epatite/bollettino/Bollettino-n-12-marzo-2023.pdf, data ultimo accesso: 04.04.2023.

Epatite B

L’epatite B è una infezione virale potenzialmente fatale a carico del fegato che può presentarsi in forma sia acuta che cronica1.

La trasmissione avviene principalmente dalla madre al feto durante il parto, anche se la malattia si può trasmettere anche tramite fluidi corporei di pazienti infetti, principalmente tra bambini, per via sessuale o tramite aghi infetti (iniezioni, tatuaggi)1.

Il periodo medio di incubazione del virus è di 75 giorni e si possono riscontrare tracce nel sangue dei pazienti già 30 giorni dopo l’infezione. Nella maggior parte dei casi, l’infezione risulta asintomatica, anche se in un numero limitato di pazienti si possono avere ittero, urine scure, affaticamento molto marcato, nausea, vomito e dolori addominali1-2. Inoltre, l’infezione da virus dell’epatite B (HBV) può degenerare in una forma cronica che porta a cirrosi epatica (cicatrizzazione del tessuto del fegato) e carcinomi epatici1-2. Questa degenerazione si osserva nel 90% dei pazienti che contraggono l’infezione poco dopo la nascita, contro il 5-10% dei soggetti in cui l’infezione avviene in età adulta2.

Il l’Organizzazione Mondiale della Sanità (World Health Organization, WHO) stima che nel 2019 vi fossero nel mondo 296.000.000 di casi di epatite B, responsabili di 820.000 decessi, nella maggior parte dei casi a seguito di cirrosi o carcinomi epatici. Nel 2022 in Italia sono stati segnalati 109 nuovi casi di epatite B acuta. L’incidenza (0,22/100.00) è in linea con quella registrata negli anni precedenti (0,18/100.000 nel 2021 e 0,21/100.000 nel 2020)3.

Non è possibile differenziare clinicamente l’epatite B da altre epatiti virali e la diagnosi richiede quindi conferme da test di laboratorio. Pertanto, nel 2019, solo poco più del 10% dei pazienti con epatite B era al corrente della propria malattia, mentre il 22% degli individui diagnosticati era in trattamento1.

Non esistono farmaci per la fase acuta dell’infezione da HBV, mentre esistono farmaci antivirali per la sua forma cronica. Per l’infezione da HBV, è di fondamentale importanza l’approccio vaccinale, raccomandato dal WHO per tutti i neonati1. In Italia, dal 1991 la vaccinazione è obbligatoria per tutti i nuovi nati e fortemente raccomandata per i gruppi di popolazione a maggior rischio d’infezione (tossicodipendenti, conviventi di portatori cronici, personale sanitario, ecc.)2.

Riferimenti

  1. https://www.who.int/news-room/fact-sheets/detail/hepatitis-b, data ultimo accesso: 04.04.2023.
  2. https://www.epicentro.iss.it/epatite/epatite-b, data ultimo accesso: 04.04.2023.
  3. https://www.epicentro.iss.it/epatite/bollettino/Bollettino-n-12-marzo-2023.pdf, data ultimo accesso: 04.04.2023.

Epatite C

L’epatite C è una infezione virale a carico del fegato che può presentarsi in forma sia acuta che cronica1.

Circa il 30% dei pazienti infettati guarisce spontaneamente nell’arco di alcuni mesi, mentre il restante 70% sviluppa la forma cronica della malattia, che può portare nel 15-30% dei casi allo sviluppo di cirrosi (cicatrizzazione del tessuto epatico)1.

L’epatite C è presente in tutto il globo, con una maggiore occorrenza nelle Regioni del Mediterraneo Orientale ed europea, con 12 milioni di individui con infezione cronica in ciascuna Regione1. In Italia, sono stati segnalati 55 nuovi casi di epatite C acuta nel 2022, rispetto ai 24 dell’anno precedente, con un’incidenza di 0,11 casi per 100.000 abitanti. L’incidenza è tornata ai livelli osservati nel 2017, dopo circa un decennio in cui si era osservato un trend in diminuzione2. L’Italia è riconosciuta come il paese dell’Europa occidentale con la prevalenza di virus dell’epatite C (HCV) più alta3. L’accesso universale ai farmaci antivirali a partire dall’anno 2017, nell’ambito del piano di eliminazione dell’infezione da HCV, ha permesso di individuare e trattare a oggi oltre 200.000 pazienti con infezione cronica da epatite C, il più alto numero di pazienti trattati in Europa3. Per raggiungere gli obiettivi di eliminazione dell’HCV, si stima che il numero dei pazienti trattati deve essere in media pari a 40.000 trattamenti annui4.

La trasmissione dell’epatite C avviene tipicamente tramite il sangue, a seguito di utilizzo di dispositivi di iniezione infetti a livello sanitario o di tossicodipendenze, trasfusioni di sangue o emoderivati infetti, o di rapporti sessuali non protetti. Secondo le stime del WHO, 1,5 milioni di persone a livello globale contraggono questa infezione ogni anno1.

Il periodo di incubazione del virus varia da 2 settimane a 6 mesi e nell’80% dei casi l’infezione risulta asintomatica; alcuni pazienti possono sviluppare la forma acuta con sintomi quali febbre, spossatezza, calo dell’appetito, nausea/vomito, urine di colore scuro, feci di colore grigio, dolori articolari ed ittero1.

A causa della scarsità di sintomi nella fase acuta, l’epatite C viene diagnosticata nella sua fase cronica, mediante esami di laboratorio che ricercano anticorpi sviluppati contro il virus o la presenza di RNA virale. Spesso, anche nei casi di malattia cronica, il sistema immunitario del paziente riesce a controllare in modo autonomo la malattia. In caso contrario, il WHO raccomanda il trattamento con i farmaci antivirali1. In particolare è raccomandato l’utilizzo di una terapia basata sui farmaci ad azione antivirale diretta (Direct-Acting Antiviral, DAA) di seconda generazione a elevata efficacia1, 4.

Ad oggi, non esiste un vaccino per l’epatite C, pertanto, l’attuazione delle strategie di prevenzione è fondamentale1.

Riferimenti

  1. https://www.who.int/news-room/fact-sheets/detail/hepatitis-c, data ultimo accesso: 04.04.2023.
  2. https://www.epicentro.iss.it/epatite/bollettino/Bollettino-n-12-marzo-2023.pdf, data ultimo accesso: 04.04.2023.
  3. Kondili L, et al. Epidemics 2021 Mar;34:100442.
  4. Kondili L, et al. Not Ist Super Sanità 2021;34(1):3-8.

Epatite D

L’epatite D è una forma di epatite virale che richiede la presenza contemporanea di epatite B per potersi manifestare1-2.

Al pari dell’epatite B, la sua trasmissione avviene tramite il contatto con sangue o fluidi corporei infetti. La trasmissione da madre a figlio è possibile, ma rara1.

Secondo uno studio del 2020, questa forma di epatite colpisce circa il 5% dei pazienti già infetti da epatite B e sarebbe responsabile di 1/5 dei casi di epatopatie e carcinomi epatici in questa popolazione1.

L'epatite D è la forma più aggressiva di epatite, quella a più rapida progressione e con un più elevato rischio di evoluzione verso la cirrosi e ulteriori complicanze, come lo scompenso epatico e l'epatocarcinoma1.
Come per le altre epatiti, l’epatite D viene diagnosticata mediante esami di laboratorio che ricercano anticorpi sviluppati contro il virus e la presenza di RNA virale1.

Oggi la ricerca scientifica mette a disposizione soluzioni contro l’epatite D che hanno l’obbiettivo di impedire al virus HDV di diffondersi, riducendo il rischio di danni al fegato.

Dal momento che l’epatite D necessita per potersi sviluppare della presenza di epatite B, il vaccino contro quest’ultima forma protegge contro entrambe. In Italia, dal 1991 la vaccinazione è obbligatoria per tutti i nuovi nati e fortemente raccomandata per i gruppi di popolazione a maggior rischio d’infezione (tossicodipendenti, conviventi di portatori cronici, personale sanitario, ecc.)2, 3.

Riferimenti

  1. https://www.who.int/news-room/fact-sheets/detail/hepatitis-d, data ultimo accesso: 04.04.2023.
  2. https://www.epicentro.iss.it/epatite/epatite-d, data ultimo accesso: 04.04.2023.
  3. https://www.epicentro.iss.it/epatite/epatite-b, data ultimo accesso: 04.04.2023.

Epatite E

L’epatite E è una malattia epatica causata dal virus omonimo (HEV). L’epatite E è presente in tutto il mondo, in particolare in paesi con condizioni igienico-sanitarie scarse, e si presenta sia come casi isolati che come epidemie1.

Secondo il WHO, l’epatite E infetta ogni anno circa 20 milioni di persone nel mondo, 3,3 milioni delle quali manifestano sintomi, ed è stata responsabile di 44.000 decessi nel 20151. In Italia, negli anni 2007-2018 si è assistito ad un trend in continuo aumento dei casi di epatite E segnalati. Nel corso del 2022 sono stati segnalati 44 casi di epatite E, cinque casi avevano effettuato un viaggio in area endemica, mentre gli altri 39 (88,6%) sono casi autoctoni2.
Al pari dell’epatite A, l’HEV viene trasmesso tramite feci (via oro-fecale). Il periodo di incubazione medio è di 5-6 settimane, e spesso non dà una chiara sintomatologia. Nei casi sintomatici, si hanno i segni tipici di epatite, quali febbre lieve, riduzione dell’appetito, nausea e vomito, dolore addominale, ittero e ingrossamento del fegato. Normalmente, l’epatite E si risolve in 2-6 settimane dall’esordio dei sintomi, ma può raramente dare forme di epatiti fulminanti, potenzialmente letali, specie se l’infezione avviene in gravidanza1.

L’epatite E non è clinicamente distinguibile dalle altre forme di epatite virale acuta, conseguentemente la diagnosi dei casi sporadici avviene tramite esami di laboratorio che identificano gli anticorpi specifici contro il virus1.

Non esistono terapie specifiche per questa epatite. La prevenzione dell’HEV è legata al rispetto delle norme igienico-sanitarie, in particolare per quel che riguarda l’evitare di bere acqua e ghiaccio di purezza non nota1. Sono in corso studi clinici sperimentali per la commercializzazione di due vaccini3.

Riferimenti

  1. https://www.who.int/news-room/fact-sheets/detail/hepatitis-e, data ultimo accesso: 04.04.2023.
  2. https://www.epicentro.iss.it/epatite/bollettino/Bollettino-n-12-marzo-2023.pdf, data ultimo accesso: 04.04.2023.
  3. https://www.epicentro.iss.it/epatite/epatite-e, data ultimo accesso: 04.04.2023.

L’impegno di Gilead

Da oltre 20 anni, siamo impegnati insieme ad associazioni di pazienti, istituzioni e comunità scientifica per combattere le epatiti virali.

Insieme promuoviamo iniziative e campagne di comunicazione nell’area delle epatiti virali per contrastare la loro diffusione e far emergere i casi non ancora diagnosticati.

Curabile

C come curabile

C come curabile è la campagna di informazione e sensibilizzazione sull’epatite C realizzata da Gilead in collaborazione con la Società Italiana di Malattie Infettive Tropicali (SIMIT), la Fondazione The Bridge, EpaC Onlus, l’Associazione Italiana Studio del Fegato (AISF), Plus Onlus e Fondazione Maraini. Un'iniziativa che punta a far conoscere l’infezione in tutti i suoi aspetti e a sensibilizzare le persone che potrebbero essere entrate in contatto col virus a rivolgersi al medico.

C come curabile vuole informare e sensibilizzare sull’epatite C e contribuire alla sua eliminazione.

Consulta il sito: https://www.ccomecurabile.it/

Codice materiale: HCV23005